Barcellona 4/3/2017 |
Un minimo di ritardo, ma poco poco poco, uno-due giorni, inezie.
Ecco.
Rilassiamoci e viviamo sereni, viviamo e lasciamo vivere.
Il Maestro ha conquistato Barcellona. Fiesta!!!
Tapas, cerveza, sangria
(shhh non mi piace la sangria voi fate come se avessi accettato, fate gli indifferenti, sorridete e continuate a ballare, OLE'!)
Approfitterei di questo momento di ebrezza e di ubriachezza per confessarvi una cosa della mia infanzia che pochi sanno.
Per farmi coraggio, nel tentativo di trovare divagando a dovere, il tempo ed i modi adatti a cotanta confessione, parto col dirvi che il mio più grande desiderio sarebbe rincontrare quei tamarri.
Vorrei chiedere loro che cosa ne pensassero di quello sparuto (e denutrito) manipolo di vicini villeggianti, così vicini così lontani, ma soprattutto così inadatti a godere dei piaceri della villeggiatura.
Sia ben chiaro: nessuno ci ha mai detto di non giocare coi tamarri ed escludo che qualcuno dei tamarri avesse detto ai loro ragazzi di non giocare con noi.
C'erano proprio degli impedimenti oggettivi:
- Impedimenti fisici- io pesavo più o meno come una coscia di uno di loro, a parità di età!
- Impedimenti visivi- loro potevano correre in lungo e in largo sulla spiaggia, noi potevamo spingerci sin dove i genitori ci potevano vedere;
- Impedimenti sonori- loro potevano alluccare a piacimento anche perché così le mamme li sentivano e potevano farsi sentire in ogni momento da ogni dove, noi dovevamo parlare sottovoce per non disturbare i vicini (che erano loro! vai a capire...);
- Impedimenti motorii- loro potevano correre in lungo e in largo sulla spiaggia giocando a pallone a qualsiasi ora, noi solo la mattina molto presto (capirai che voglia!) o la sera molto tardi
"perché giocando a pallone si disturbano i vicini e si solleva troppa polvere"
dicevano i nostri genitori cercandoci in un polverone tamarro che nemmeno il ghibli nel sahara.
Ma la vera differenza, la pietra dello scandalo, saltava forte agli occhi al momento del bagno.
Oh, eravamo al mare.
Loro potevano fare una quantità di bagni infinita rispetto ai nostri tre lanciando, tra l'altro, ombre lunghe -come sono le ombre del dubbio e dei tramonti- sulla fondatezza della famosa teoria "dopo mangiato aspetta tre ore o muori" che risultava difficilmente sostenibile (almeno da un punto di vista scientifico, perché quando vuole avere ragione mia madre è in grado di sostenere ogni cosa!) alla luce di quanto mangiavano loro e quanto dovevamo aspettare noi.
E così, mentre noi aspettavamo, loro si lanciavano in acqua in formazione compatta, sollevando a suon di sonore panzate onde di tsunami che levati si nun ti vuo' affucà!
Noi entravamo in acqua in modo composto, bagnandoci prima i polsi, la pancia ed il collo
sempre, tranne quando...salivamo sul canotto.
sempre, tranne quando...salivamo sul canotto.
Canotto arancione supersantos, mio padre ai remi tipo schiavo, io, mia sorella e mio cugino potevamo salire a bordo
MAAAAA
ad una condizione:
INDOSSARE IL GIUBBOTTO DI SALVATAGGIO.
Il giubbotto. Di salvataggio. Sop'o canott.
E ho detto tutto.